Lo spazio magico dell'ascolto nel coaching

Vi è mai capitato di trovarvi davanti ad uno sconosciuto o poco più e di iniziare a raccontargli qualcosa di voi di intimo? Qualcosa che in questi termini non avevate mai neanche pensato e che, raccontando, avete capito meglio anche voi stess*.

Vi è mai capitato di trovarvi davanti ad uno sconosciuto o poco più e di iniziare a raccontargli qualcosa di voi di intimo?

Qualcosa che in questi termini non avevate mai neanche pensato e che, raccontando, avete capito meglio anche voi stess*.

È come entrare in uno spazio magico dedicato a noi, alle nostre emozioni, ai pensieri, alle intuizioni e alle domande che possono rimanere aperte per fertilizzare tutto intorno.

A volte parlare con chi non ci conosce è più facile, perché saremo ascoltati senza pregiudizi, non ci saranno binari da seguire né da violare generando stupore. 

È quello che succede in un percorso di coaching, veniamo ascoltati in questo modo da un* professionista che - per passione, sincero interesse e maestria - sa farsi tabula rasa, sa guardarci con occhi da bambino e da esploratore, consapevole di non sapere nulla, di non poter conoscere nulla se non quanto offerto dalla persona che ha davanti.

E, ancora di più, il coach sa e ci aiuta ad accettare ed amare quella parte di noi in continua evoluzione, che segue un movimento inevitabile che ci fa essere oggi quello che non eravamo ieri e domani quello che non siamo oggi.

Il tema dell'ascolto nel coaching, però, è di più: la cosa più preziosa che avviene nel percorso è che, mentre ci si abitua ad essere ascoltati profondamente da altri (alle comodità ed ai piaceri ci si abitua subito!) si impara ad auto-ascoltarsi in modo profondo e sincero. 

È in quel momento che otteniamo la risorsa più preziosa.

Nel group coaching, oltre alla presenza del coach, la condivisione con e di altre persone amplifica la generosità dell'ascolto e del donarsi e in questo contesto si moltiplicano anche le occasioni di apprendimento attraverso il risuonare, il riconoscersi o lo stridere con le esperienze altrui. 

La scoperta dell'altro diventa il piacere condiviso e la fonte principale dell'apprendimento e, in questo contesto, diversity e inclusion di cui si parla tanto, diventano un 'non problema', un lontano ricordo, un retaggio del passato di quando ancora definivamo le persone attraverso categorie di appartenenza, di quando una manciata di caratteristiche stigmatizzava l'identità di una persona in modo statico e sicuro.

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